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Agli uomini che amano le donne, a cura di Alessia Sorrenti

Oggi è un giorno dedicato alle donne, un giorno in cui si parla di donne.
Ma vorrei parlare di un uomo: mio padre. Mio padre si chiama Domenico, ha 56 anni. È un operaio. lavora di notte da più di 25 anni ed io sono la prima di due figlie.
Sin da quando sono piccola la risposta che ricevo più frequentemente da lui quando gli chiedo opinioni in merito a come vestirmi, come proseguire gli studi e come gestire la mia vita è: <>.
Che frase banale “fai quello che vuoi” … io la dico almeno dieci volte ogni giorno.
Inizialmente, da bambina, scambiavo questa risposta per menefreghismo. Oggi mi rendo ogni giorno sempre più conto del fatto che questo è l’atto d’amore più grande e l’insegnamento migliore che mio padre mi consegna ogni giorno: <>.
Ma oggi è il 25 novembre e, purtroppo, di donne si parla solo oggi, solo un giorno in tutto l’anno. Oggi si ricordano tutte le donne vittime di violenza, di abusi, tutte le donne a cui non è stato detto da chi diceva di amarle “fai quello che vuoi” … perché, ora che ci penso, è una frase davvero difficile da fare propria, vuol dire spostarsi da sé stessi ed accettare la libertà dell’altro.
Di donne si parla solo oggi, si parla di violenza, di abuso. Eppure, per me, la violenza non è solo quella fisica, sessuale, quella che fa clamore, ma è anche quella nascosta, quella che si fa spazio in ogni gesto della nostra quotidianità.

Di donne dovremmo parlare ogni giorno, perché la storia del nostro paese è stata costruita anche dalle donne. Durante la Prima guerra mondiale, quando tutti gli uomini furono chiamati alle armi, l’Italia rimase nelle mani delle donne alle quali fu finalmente permesso di uscire dal confinamento tra le mura domestiche… e allora le mogli dei mezzadri si ritrovarono a dirigerne le aziende, nelle fabbriche vennero ampiamente impegnate come operaie… le donne italiane furono coraggiose, all’altezza della situazione, attive nel volontariato, nell’assistenza. le donne furono compagne spirituali, “madrine di guerra”. Portarono sulle loro spalle il futuro della nazione sino alla fine della guerra. Eppure, sui libri di storia, leggo interi capitoli dedicati agli uomini, al loro valore, al loro coraggio, alla loro devozione alla patria, indiscussa, ma… le donne? come vennero ringraziate? non poterono fare quello che volevano e al termine del conflitto vennero licenziate in massa, spronate a “ripopolare l’Italia” e a “dignitosamente ritirarsi in disparte e riprendere la loro vita domestica per ridare agli affetti familiari la loro indiscussa preminenza”, non acquisirono il diritto al voto. Ecco, anche di questo dovremmo parlare il 25 novembre, e dobbiamo parlarne perché non possiamo permetterci di pensare che sia superato e che non ci riguardi più.

A distanza di più di cento anni l’Italia si è trovata ad affrontare una pandemia di dimensioni spropositate il cui impatto non è ancora terminato e probabilmente ci investirà ancora per anni. In televisione e sui giornali si vedono solo uomini, politici, commissari, medici ma il peso di questa pandemia lo hanno portato le donne sulle loro spalle visto che rappresentano la maggioranza dei lavoratori della sanità.
Abbiamo portato sulle nostre spalle il peso dell’assistenza, la fatica del lavoro senza riposo, delle morti viste senza alcuna tutela e senza aiuto. È quindi grazie alle donne che l’Italia è riuscita a superare la fase più dura della pandemia, è grazie alle donne che il sistema sanitario nazionale ha potuto nascere e continua ad esistere.
L’assistenza nasce dalle mani delle donne ed ancora oggi transita per le nostre mani, ogni giorno. Eppure, nonostante in questi anni abbiamo dimostrato il nostro valore indiscusso, la nostra abnegazione e professionalità, percepiamo una retribuzione inferiore a quella dei colleghi uomini, abbiamo ruoli meno prestigiosi, abbiamo meno probabilità di apparire in riviste di alto profilo scientifico o di essere prime autrici o autrici principali di uno studio, riceviamo meno citazioni su articoli scientifici da parte dei colleghi, veniamo ringraziate con “part time obbligati” per poter coniugare il lavoro alla vita familiare dopo aver (cito quanto detto nel 1919 alla camera dei deputati) “dato per l’ Italia il nostro cuore, il nostro braccio, quanto di più caro potevamo avere”

Nel 2022 noi donne possiamo davvero quindi fare “quello che vogliamo”?
non possiamo.

Perché se veniamo elette Presidente e desideriamo che venga riconosciuto il nostro valore dobbiamo sopportare servizi in televisione che parlano di come siamo vestite, di come siamo madri e compagne.
Non possiamo essere a capo di una missione spaziale senza prima aver giustificato l’aver lasciato nostro figlio con il padre.
Non possiamo essere chiamate “dottoressa” o “infermiera” ma “signorina!”
Non possiamo essere tirocinanti e stare certe che, colleghi ripetutamente segnalati, non ci stuprino in uno sgabuzzino.
Non possiamo sostenere un colloquio di lavoro senza rischiare di essere definite un “problema” in quanto “giovani donne in età da marito”.
Non possiamo essere assunte a tempo indeterminato senza aver prima dichiarato di non volere figli.
Non possiamo fare scelte professionali senza che qualcuno chieda “ma tuo marito è d’accordo?”
Non possiamo denunciare piccole molestie quotidiane senza che ci venga chiesto “ma sei sicura che lo ha fatto con malizia? non starai esagerando?

Non possiamo avere parità di genere in ambito lavorativo senza che venga garantita dalle “quote rosa”.
Non possiamo decidere se abortire o meno senza che uomini legiferino in merito e senza essere giudicate moralmente ma nemmeno essere madri troppo giovani o troppo avanti con gli anni o decidere di non esserlo senza che qualcuno giudichi la nostra scelta.
Non possiamo nemmeno essere stuprate e non dover subire anche la domanda “ma com’eri vestita? lo hai provocato?” o avere le mestruazioni, se non possiamo permetterci di pagare l’IVA sugli assorbenti.

Quindi, grazie papà.
Tu invece mi hai sempre detto “fai quello che vuoi” e così ho sempre fatto, non senza difficolta perché’ ancora troppi ostacoli non me lo permettono, ma è grazie a uomini come te che le donne conoscono l’amore e il rispetto.

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